“AFTER THE END” AL SANNAZARO: L’AMORE È LA PIÙ SAGGIA DELLE FOLLIE?

“AFTER THE END” AL TEATRO SANNAZARO: L’AMORE È LA PIÙ SAGGIA DELLE FOLLIE?

03 gennaio 2020

di Flavor Chris

Photo credit Mario Spada © Copyright

Tempo di lettura 2′

“AFTER THE END” AL SANNAZARO: L’AMORE è LA Più SAGGIA DELLE FOLLIE?

“Il modo in cui gli altri ti possono distruggere è trasformarti in qualcosa che non sei”

A seguito di un atto terroristico in un pub, Mark porta Luise priva di sensi in un ricovero antiatomico.

Trascorre del tempo ed i due rimangono soli senza riuscire ad avere alcun contatto con il mondo esterno. Mark, che brama in maniera morbosa e maniacale l’amore della ragazza, nonostante lei si mostri contraria, cerca di convincerla a giocare con lui a Dungeons and Dragon per passare del tempo, ma soprattutto, per riuscire a sedurla.

Man mano la tensione sale, lo stato mentale dei personaggi è alterato e la loro interpretazione della realtà è distorta. Con il passare dei giorni Mark e Luise non sono più gli stessi e la fine dello spettacolo si conclude con colpi di scena inquietanti, in cui i personaggi sono portati a compiere delle azioni estreme e deleterie.

È in questo contesto che lo spettatore, che si trova seduto in una piccola stanza a pochi passi dallo spazio scenico, per tutto l’arco dello spettacolo, è portato a vivere la “dimensione claustrofobica” dei personaggi; una dimensione che non ha nulla di onirico, anzi, si può dire che l’intera vicenda è molto più simile ad un incubo.

È evidente che nell’opera, il malessere prodotto da stanchezza ed indifferenza, ha portato i personaggi ad auto privarsi del rispetto che gli è dovuto e che loro devono a sé stessi. È quindi molto meglio una vita “noiosa ma conveniente”, come ad esempio quella al riparo nel ricovero antiatomico, che impedisce ai personaggi di scegliere, né per il bene, né per il male, piuttosto che una vita irta di pericoli al di fuori del bunker. Così, l’esito della propria vita è lasciato in mano al caso ed alle circostanze.

Si può dunque dedurre che in “After the End”, l’ambiente circostante non è altro che la traduzione sterile del mondo interiore di Mark e Luise.

Il rifugio antiatomico, difatti, simbolicamente rappresenta un luogo che offre protezione; tuttavia, proprio quel luogo, si tramuta in uno spazio pericoloso, privo di certezze e in cui è possibile smarrirsi per sempre. E questo proprio a causa dello stato emotivo dei personaggi.

Altro oggetto simbolico dello spettacolo, è la radio, ossia l’unico mezzo con cui i due protagonisti possono mettersi in contatto con il resto del mondo (che con molta probabilità non è nient’altro che una “coltre di detriti radioattivi”). In questo caso, si può ipotizzare che l’autore abbia voluto mostrare lo stato di smarrimento dei due protagonisti, che sono divenuti ormai incapaci di comunicare con mondo esterno.  

E poiché “tutto è andato a puttane là fuori”, Mark e Luise non faranno altro che tendere a ripetere le stesse azioni, fino al punto che non riescono più ad avvertire gli effetti spiacevoli delle loro scelte.

Nel ricovero antiatomico, giorno dopo giorno, la realtà dei fatti, sistematicamente, passa attraverso il filtro del sospetto, che trattiene ogni brandello di fiducia che i protagonisti hanno in sé e nell’altro; le virtù sono sinonimo di debolezza, se non addirittura uno strumento che mira al raggiungimento di posizioni vantaggiose per le parti; ciò che resta ai due protagonisti, non è altro che un luogo privo di ogni genere di prima necessità, non alimentare, bensì affettiva.

Nel bunker, i due sono sempre più affamati di sentimenti umani e la loro anima, sebbene tormentata ed in catene, cerca di elevarsi, poiché la rabbia inespressa li ha condotti a adottare comportamenti spregevoli e meschini.

Uno spettacolo in definitiva unico e coinvolgente. Le scelte del regista, Francesco Saponaro, non sono state per niente scontate (come ad esempio l’ambientazione); mentre gli attori, Denise Capezza e Eduardo Scarpetta, hanno dato grande prova del loro talento, talvolta rappresentando dei fatti luttuosi con umorismo.

Grazie all’estro dell’autore, Dennis Kelly, lo spettatore è portato a riflettere sulle dinamiche relazionali ed una volta che è calato il sipario, egli è portato a chiedersi mentre si avvia verso l’uscita: “Cosa spinge le persone a compiere un gesto del genere?”

Spada Mario http://www.mariospada.it/

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