VICE #3 – DELITTO E CASTIGO
La sera del ventotto marzo del duemila e venti mi era accaduta un’avventura piuttosto strana, ragion per cui avevo deciso di scrivere il terzo numero di VICE (Le Vicende Improbabili di Ciro Esposto).
Come al mio solito alternavo faccende domestiche con la ricerca di un vero e proprio impiego. Una volta finita la lunga e faticosa quarantena, difatti, il mio proposito era quello di riuscire a trovare un impiego che mi permettesse di lavorare da casa. Così quel sabato, per tutto il giorno, avevo passato tutto il tempo a guardare video su “come guadagnare da internet”.
Quella del web è una faccenda davvero curiosa poiché ci sono davvero diversi modi per poter avviare un’attività su internet, dalla pubblicità, all’affiliazione, o la vendita di software e corsi… Insomma c’è di tutto e di più. Le vie per poter diventare imprenditori 2.0, sono infinite.
La mia “corsa all’oro”, dunque, era partita bene, la mattina ero davvero entusiasta; il pomeriggio, invece, leggermente affaticato ed assonnato per via del pasto; infine la sera ero decisamente deluso e rammaricato, convinto che non avrei cavato fuori un ragno dal buco. Così mi misi a gironzolare per i social network.
Scorrendo le bacheche dei miei amici avevo trovato molti contenuti divertenti, video di persone che condividevano il loro stato d’animo, o meglio il loro stato d’angoscia, durante questa quarantena forzata. Giunto ormai sul fondo della bacheca mi fermai su un post che catturò la mia attenzione. Ricordo bene la sensazione di disagio provata, che mi richiamò alla mente uno dei miei autori preferiti, Fedor Dostoevskij.
Non starò a raccontarvi tutto nei minimi dettagli, ma vi basti sapere che l’articolo informava che “i trasgressori dell’articolo TaldeiTali sarebbero stati puniti a norma di legge”, e lo stesso articolo invitava i cittadini a segnalare e/o denunciare chiunque avesse trasgredito le regole. Ora, nulla da dire contro le misure disciplinari adottate da un organo superiore, tuttavia mi chiedo ancora adesso quale sia il senso di quell’articolo.
Ho sempre pensato che, in determinate circostanze, è di fondamentale importanza assumere un atteggiamento responsabile, poiché tutela il benessere del singolo individuo e della collettività; ed al contrario, prendere un atteggiamento di noncuranza, può addirittura mettere a rischio gli equilibri dell’intera comunità. Ma il discorso in quell’articolo era un altro, poiché l’accento era posto sul potere dell’autorità, che si arrogava il diritto di infliggere una pena a chi avesse dimostrato una cattiva condotta, e la pena aveva lo scopo di correggere quegli individui “colpevoli”.
A questo proposito mi veniva da chiedermi se tutto ciò fosse giusto, anche se non era mia intenzione mettere in dubbio il giudizio delle autorità.
Ho sempre creduto che la Giustizia va difesa, poiché è una virtù sociale che consiste nella volontà di riconoscere e rispettare i diritti altrui; tuttavia, mi sono chiesto, e mi chiedo ancora adesso, se vi sia virtù nella punizione.
Le persone d’altra parte migliorano quando si sentono amate e sostenute, il “castigo”, invece, ostacola la crescita individuale e non fa altro che allontanare gli individui dalla ricerca della verità, che è la felicità collettiva. L’amore è sinonimo di cura, accettazione, comprensione; mentre il castigo è fine a sé stesso ed anziché tener conto delle esigenze degli uomini, le reprime.
Non vorrei dilungarmi molto su questioni etiche, dirò solo che, come al mio solito, per tutta la notte mi sono ritrovato a fantasticare ed a pensare ad una società ideale costituita da persone consapevoli, ma soprattutto libere di agire secondo ragione.
Nello scorso articolo vi avevo promesso che vi avrei parlato di me, ma dovrò posticipare. Questo è un mio difetto: mi perdo a filosofare. Ma vi darò maggiori informazioni nel prossimo articolo. Promesso.
Comunque sia, come dice Dostoevskij: “Il punto da chiarire è se la malattia determini il delitto se il delitto stesso, per virtù propria, non sia sempre accompagnato da qualche fenomeno morboso.”
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