Nemesi: speciale Franca Viola
giovedì 24 settembre 2020
di Michela Sellitto
Che cosa è l’amarezza?
Molte donne lo sanno. Si insinua nel loro profondo e a volte riaffiora. Non sempre c’è un motivo. Basta uno sguardo, una parola e la mente riporta alla memoria quei momenti duri che hanno lasciato in loro un segno.
La violenza sulle donne è un fenomeno ormai riconosciuto anche se ancora sommerso. I numeri e le forme degli abusi sono elevatissimi, ma le condanne non sono quasi mai adeguate alle molestie subite. Molte sono ancora coloro che preferiscono non parlare, per paura di incomprensione, ritorsioni, o sensi di colpa. Ciò che queste donne portano ogni giorno con sé non è sofferenza, ma un’indelebile amarezza per gli eventi subiti o che continuano a subire.Negli ultimi anni, però, molte donne hanno iniziato a prendere coscienza di loro stesse e hanno deciso di far sentire la propria voce, proprio come nel lontano 1966 fece Franca Viola.Le donne non si vogliono più sentire delle vittime sottomesse a un sistema maschilista, ma hanno cominciato a essere testimoni di loro stesse, non per ottenere compassione ma per dimostrare di essere portavoce di verità e diritti.
In Italia solo dal 1996 lo stupro è stato riconosciuto da reato “contro la morale” come un reato “contro la persona”.Precedentemente nel codice penale italiano l’articolo 544 con riferimento al reato di stupro prevedeva che:
«Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali».
Una persona colpevole di stupro aveva quindi possibilità di evitare una condanna con un matrimonio riparatore, mentre la vittima era costretta a concedersi al suo carnefice.
Questo doveva essere il destino anche di Franca Viola, rapita dal suo ex fidanzato Filippo Melodia. La giovane, allora solo sedicenne, fu stuprata, picchiata e tenuta segregata per otto giorni. Melodia contava nell’approvazione della famiglia al matrimonio per evitare il carcere e continuare nelle sue sevizie. Erano gli anni ’60 e l’Italia non si aspettava quel NO fiero, detto a gran voce e con orgoglio. Meglio essere additata come “donna svergognata” che moglie del suo carnefice. Un caso che risuonò per tutta la nazione quello di Franca Viola, la donna che per prima ha rifiutato quello che veniva definito il “matrimonio riparatore”. “Non ho mai avuto paura, non ho mai camminato voltandomi indietro a guardarmi le spalle. È una grazia vera, perché se non hai paura di morire muori una volta sola.” Franca Viola
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